«Fate tutto con passione, entusiasmo e specialmente tanto divertimento e ironia». Intervista a Cristina La Parola, costumista per "Muori di Lei"
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- 26 mar
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Alla sua seconda collaborazione con il regista Stefano Sardo, Cristina La Parola racconta cosa significa essere una costumista per il cinema

1. Una famiglia d’artisti e di antiche sartorie palermitane. Tuo fratello Giovanni è un regista, tuo padre un pittore, era nel tuo dna diventare costumista e lavorare nel cinema? Qual è stato il momento in cui hai scelto, come hai iniziato?
Quando ero piccola andavo spesso nella sartoria di mio nonno ed ero fortemente attratta dalle tante pezze di stoffa che svettavano come grattacieli colorati qua e là, da angoli, ceste, scaffali, mi piaceva toccare i differenti tessuti e sentirne la consistenza. Ho sempre ammirato l’arte del sarto, come quella del pittore, di cui invece ammiro la tavolozza impregnata di acrilici e in particolar modo la gamma di colori saturi e vivaci dei quadri di mio padre, ma allora, non avrei mai immaginato di proseguire la tradizione familiare attraverso il cinema. Tutto è iniziato per caso, durante l'università, grazie a mio fratello Giovanni, regista, con dei cortometraggi girati a Bologna, in cui ero coinvolta sempre e in ruoli diversi (da runner ad aiuto dell'aiuto, da comparsa a trovarobe) ed è proprio con l'occasione del suo primo film “E Se domani”, che ho scoperto l'importanza del ruolo dei costumi nel cinema, nel frattempo studiavo al DAMS e ho avuto l'onore di conoscere ed intervistare per la mia tesi di laurea il grande maestro, Piero Tosi, che poco dopo mi mise in contatto con uno dei miei miti, ovvero Gabriella Pescucci, per la quale ho avuto modo di lavorare su tre progetti e da lì anche altre esperienze con diversi costumisti… fin quando, Francesco Bruni, mi fece debuttare con il suo esordio ''Scialla'', che fu anche il mio primo film da costumista.
2. Su Muori di lei, che per molti versi è un triangolo amoroso, avevi la necessità di rendere immediatamente comprensibili le psicologie dei protagonisti. Come hai lavorato sul loro guardaroba? (Si dice guardaroba?)
Esatto, si dice guardaroba. Prima di tutto, dopo aver letto la sceneggiatura, fatta un’introspezione psicologica e una documentazione dei personaggi, compongo dei moodboard di look, colori e reference, utili come spunti di confronto e di dialogo con il regista, gli attori e gli altri capireparto. Diciamo che questo step, mi serve anche come base di partenza all'elaborazione di bozzetti e alla ricerca del materiale per comporre l'armadio del personaggio. E anche così ho fatto per ''Muori di lei'. Con Stefano abbiamo individuato delle fogge e colori diversi per ognuno dei tre personaggi che rispecchiassero la loro anima e che fossero specialmente in sintonia cromatica tra di loro. In entrambi i lavori che ho fatto con Stefano, ho visto una sua chiara visione del mood visivo e del background dei suoi personaggi, non a caso lui non è solo un bravo regista, ma ancor prima un ottimo sceneggiatore; i personaggi e gli ambienti sono raccontati molto bene da Stefano e io mi trovo in sintonia con il suo gusto estetico. Nel confrontarmi con lui, riconosco anche un'ottima conoscenza di moda e una sensibilità riguardo i tessuti, cosa non sempre ovvia. Da Stefano ho avuto anche molti spunti di dettagli importanti, per citarne due, per esempio, quello di far indossare delle calze parigine ad Amanda, per me emblema fin dall'ottocento della sensualità femminile, oppure le vecchie magliette musicali di Luca, il protagonista maschile, che raccontano la sua passione per la musica... Se una sceneggiatura è scritta bene e descrive alcuni dettagli importanti dei personaggi, viene ancor più naturale costruire il loro guardaroba.

3. E con gli altri capireparto? Ti confronti con loro al momento delle scelte?
Molto importante è anche la scelta dei colori, dei tessuti e delle fantasie degli abiti, scelte che mi piace condividere sempre anche con il Direttore della fotografia e con lo scenografo. Con Francesco Di Giacomo, Mauro Vanzati e con la sua arredatrice, in questo caso, è stato ancora più importante, visto che il film era ambientato praticamente in un'unica location; ma penso che sia sempre importantissimo e molto divertente fare un lavoro di squadra, artistico e di sinergia tra questi tre reparti: fotografia, scenografia e costumi e, con loro, ho avuto la possibilità di dialogare in modo stimolante già in preparazione e lavorare molto bene anche durante le riprese. Ovviamente è stato fondamentale anche il rapporto con Paola Gattabrusi e Fabrizio Nanni, truccatrice e parrucchiere del film, il continuo dialogo e confronto con due professionisti come loro può essere decisivo, per il mio lavoro e per il film.
4. Si può pensare che il tuo lavoro finisca nella pre-produzione. Non tutti sanno come funziona il tuo costante lavoro sul set, ce lo vuoi raccontare?
Per me la parte più importante è la preparazione, quella fase della lavorazione in cui vedi l'idea che da un bozzetto arriva alla realizzazione del costume e poi del personaggio in toto, con trucco e capelli. Fino al giorno prima del girato, è un continuo di costruzione e trasformazione dell’abito, in cui aggiusto, aggiungo dettagli, li tolgo, poi li rimetto, disfiamo e ricuciamo o invecchiamo i vestiti, è per me questa è la fase più creativa, dove cerco di arrivare all’idea che ho in testa. Ovviamente la preparazione e questo processo creativo, per me, non si fermano mai e il set è il momento in cui mi piace rifinire il tutto, specialmente guardando al monitor, mi piace osservare come cade quell'abito, la resa di quel colore, di quel trucco e di quell'acconciatura, perché è attraverso la macchina da presa che finalmente vedo l’effetto definitivo di quel personaggio in quella determinata location e con quella determinata luce, diverso da quello che vedevo ad occhio nudo. Aggiungo che il bello di questa fase sul set è anche saper improvvisare all'occorrenza e con una certa tempistica. Per quanto ci sia una buona organizzazione e sia tutto abbastanza definito, questo processo creativo è in continuo divenire e bisogna essere pronti anche a possibili cambiamenti, dovuti a ripensamenti del regista o miei.

5. Hai un curriculum di cose diversissime fra loro. Western (di tuo fratello Giovanni), Virzì, Bruni, serie tv, film d’epoca, commedie, fantascienza, dove ti diverti di più?
Devo dire che mi piace molto realizzare costumi per film d'epoca, perché così ho l’occasione di andare a ripassare la storia del costume e dell'abbigliamento e fare una ricerca filologica attraverso le immagini, i materiali e le fogge di quel tempo; questa fase per me è la più importante e stimolante, perché ogni volta scopro cose nuove. Adoro lavorare in quelle sartorie storiche, quali Tirelli, Peruzzi e Annamode e immergermi in epoche antiche e lontane che io non ho vissuto, ma che posso rivivere attraverso il mio mestiere. Personalmente però, mi annoiano i film dove c'è una pedissequa ricostruzione filologica dell'epoca, amo invece dare un po' di modernità all'antico, stravolgere un po' i dettami dell'epoca, aggiungere il proprio gusto e dare carattere al personaggio affinché non risulti un figurino d’epoca. Quando realizzo i costumi di film contemporanei, invece, mi diverte tantissimo trovare dei punti di riferimento reali e prendo molta ispirazione anche dalla gente per strada, ma amo aggiungere, se la storia e i personaggi lo consentono, una punta di retrò nello stile di oggi o nei colori degli abiti, spesso possono essere anche solo accessori; d’altronde anche la moda attuale è un continuo ripetersi di stili che si rifanno al passato. In poche parole prendo ispirazione dal presente per i film d'epoca e dal passato per i film contemporanei.
6. Che rapporto hai con gli attori che devi vestire, generalmente? E che rapporto hai avuto con Riccardo, Mariela e Maria Chiara su Muori di lei?
Fin adesso sono sempre stata abbastanza fortunata con gli attori con cui ho lavorato, perché mi sono trovata quasi sempre molto bene. Ovviamente, con alcuni si crea più feeling che con altri, ma in generale c’è sempre un rapporto di fiducia e di scambio artistico, che inizia, ancor prima delle prove costume, al momento del primo incontro, in cui mostro i miei moodboard dove vedono lo stile dei personaggi che abbiamo concordato con il regista. Attendo sempre un primo confronto “vis a vis” con loro, perché penso che sia fondamentale confrontarsi e conoscere la loro idea riguardo il personaggio che devono interpretare e questo scambio è sempre utilissimo, perché, da lì, io stessa posso avere nuovi spunti in più per dettagli importanti e per la costruzione del personaggio, che poi metteremo in piedi insieme durante le prove costume. Nel mio ambito, un buon rapporto di dialogo e ascolto con l’attore è anche un buon presupposto per lavorare bene e fare un ottimo lavoro di squadra, d'altronde costumi e attore vanno di pari passo e l’uno aiuta l'altro. Onestamente, la mia più grande soddisfazione, ancor più dei premi, è quando l’attore esprime di sentirsi totalmente “dentro” il personaggio grazie anche agli abiti che indossa e apprezza il lavoro che io e il mio reparto costumi abbiamo fatto. Con Riccardo, Mariela e Maria Chiara, ho seguito questo stesso iter e specialmente con le due donne del film, appunto, Mariela e Maria Chiara, c'è stata da subito una grande fiducia ed intesa femminile. Ho amato tantissimo, artisticamente, tutti e tre e ho apprezzato la loro professionalità. Anche da loro, dopo una bella chiacchierata, ho preso spunti interessanti per la costruzione del loro personaggio e ho seguito alcuni consigli molto utili.

7. Ci sono vestiti e colori che non si devono mai usare su un set?
Puoi chiedere anche al nostro DOP... di solito evitiamo i bianchi ottici, motivi troppo chiassosi, quadretti piccoli, tipo pied de poule o righe troppo strette e fitte che possono dare fastidio alla fotografia. Di mio gusto, amo dare pennellate di colori, ma non troppo accesi, sempre un pò polverosi e caldi, che rendono anche un’idea di vissuto del capo e li trovo in generale più eleganti, ma amo in generale usare i colori e in tutte le loro varianti, specialmente il rosso, il verde e … il viola, che ahimè alcuni registi e specialmente alcuni attori di teatro si rifiutano di usare per un fatto scaramantico.
8. Se qualcuno volesse iniziare a fare il tuo lavoro, che consiglio daresti?
Consiglierei di mandare curriculum ai costumisti, agli assistenti costumisti e non avere paura di insistere per essere coinvolti a fare un'esperienza, anzi più esperienze sul set, perché le scuole vanno bene, ma questo mestiere si impara guardando e facendolo. Di vedere tanti e tanti film. vecchi e odierni, di andare al cinema e rimanere perennemente aggiornati su tutto, osservare tanto, anche la gente per strada e in ogni posto in cui si va (con discrezione possibilmente) e fotografare sempre con la mente. Dopo di che fare tutto con passione, entusiasmo e specialmente tanto divertimento e ironia.
Muori di Lei è un film di Stefano Sardo, prodotto da Nightswim, in produzione associata con Medusa Film e in coproduzione con Bas Celik, con il sostegno del MIC - Ministero della Cultura e di Lazio Cinema International. Dal 20 marzo al cinema.
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